La gestione degli affari, per le aziende, è un ambito piuttosto complesso dal momento che investe patrimoni, estratti conto, flusso di cassa e tutta una serie di dati e adempimenti che, come vedremo, sono anche rigidamente sottoposti ad una serie di leggi nazionali.
La ragione per cui, nel nostro Paese, esiste un impianto normativo per la gestione finanziaria ed economica delle aziende è dovuta all’esigenza di limitare i rischi di fallimento e, quindi, alla cosiddetta “crisi d’impresa”.
Anzi, a voler essere più precisi, il termine “fallimento” è stato sostituito in occasione di una riforma piuttosto recente, che risale all’estate 2022. Il 16 luglio di quest’anno, infatti, è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi nel quale vige un approccio differente rispetto al passato.
Al giorno d’oggi, quindi, è entrato in vigore un sistema di sorveglianza sulle imprese pensato per evitare le fasi più dure della crisi e, quindi, intervenire prima che la situazione diventi irreversibile.
Un breve riepilogo della normativa sulla crisi d’impresa
Le leggi scritte in materia di crisi di impresa sono molte, ma una delle prime in ordine cronologico è il D.Lgs 14/2019, che rappresenta il cuore della definizione di crisi d’impresa. All’interno del testo dell’articolo viene stabilito come riconoscere le aziende che si trovano in crisi e quali misure possono adottare per riprendersi dal punto di vista economico.
Peraltro le aziende che si trovano in stato di fallimento vengono definite in liquidazione giudiziale, ovvero uno stato che tiene conto delle insolvenze economiche, fiscali e delle difficoltà con eventuali debiti da saldare.
Il testo preso in considerazione riguarda l’articolo 2086 del codice civile, in vigore dal 16 marzo 2019. Il testo è stato considerato di difficile utilizzo in ambito pratico a causa delle tempistiche troppo prolungate per configurare una situazione di crisi. Pertanto è stato inserito un nuovo articolo (art. 3), che sancisce “l’adeguatezza degli assetti in funzione della rivelazione tempestiva della crisi di impresa”.
Nella pratica, il comma 3 del decreto legislativo 14/2019 ha l’obiettivo di dare la responsabilità all’imprenditore individuale di adottare tutte le misure necessarie per analizzare le condizioni economiche della propria impresa, offrendo delle linee guida reali da seguire.
Come cambia il diritto in materia di crisi d’impresa
La nozione di crisi d’impresa rimane la medesima, ovvero quella di incapacità dell’azienda di “generare flussi di cassa sufficienti a garantire l’adempimento di obbligazioni assunte e pianificare”. Lo stato di crisi, dunque, si configura come una situazione di incapacità temporanea e misurabile ex ante, per la quale risulti impossibile generare un adeguato flusso di cassa operativo. In particolare lo stato di crisi si manifesta in due forme, note come esogena ed endogena. In entrambi i casi ci troviamo dinanzi ad aziende caratterizzate da gestioni del circolante commerciale errate e strutture finanziarie sbilanciate.
Sono situazioni che nel breve e nel lungo periodo conducono, irrimediabilmente, ad uno stato di insolvenza e, quindi, ad una condizione che, tecnicamente, è definita come crisi d’impresa. In particolare tale terminologia viene utilizzata per definire l’esito finale di una gestione problematica, ovvero la condizione irreversibile che precede il collasso.
Chiariti questi aspetti possiamo dedicarci al nuovo Codice a cui le imprese devono attenersi e che, per l’appunto, cerca di intervenire sulla fase di transizione dall’inefficienza contabile alla crisi vera e propria.
In particolare il testo prevede la dotazione volontaria di un organismo di controllo che sia adeguato alla dimensione e alla complessità dell’azienda. Questa disposizione spinge gli imprenditori ad adottare misure di rilevazione tempestive, utili per intervenire prima della fase irreversibile spiegata poc’anzi.
Che cos’è il cash flow e come individuare un’azienda in crisi di impresa
Stando a quanto scritto all’interno del comma 3 e al successivo comma 4 dell’articolo del decreto legge del 2019, il principale testo normativo di riferimento, i fattori da considerare per valutare le condizioni economiche e finanziarie di un’impresa sono i seguenti:
- Gli squilibri di tipo economico e patrimoniale che mettono l’imprenditore individuale e l’attività stessa in condizione di debitore;
- La condizione dei debiti e la loro sostenibilità, che deve essere valutata con un’analisi preventiva per i futuri 12 mesi. L’obiettivo di questa misura è quello di comprendere la reale possibilità da parte dell’azienda di far fronte ai propri debiti o meno.
Una volta identificata la condizione economica reale dell’impresa occorrerà riportare tutte le informazioni della lista di controllo, quella prevista dall’articolo 13, comma 2.
Nell’arco del procedimento di controllo il flusso continuo in entrata (cash flow) rappresenta probabilmente il fattore più importante per valutare le condizioni reali della propria impresa e per prevenire la crisi.
In particolare esso riveste un ruolo chiave nell’arco dell’intera valutazione dei possibili rischi di impresa, anche a fronte di investimenti che l’imprenditore intende avviare.
Come avviene la valutazione dei rischi di impresa
La valutazione dei rischi deve essere soppesata tramite diversi parametri specifici, tra cui soprattutto il cash flow diretto.
Il flusso continuo di denaro in entrata e uscita rappresenta sempre e comunque il cuore pulsante dell’azienda, di conseguenza è fondamentale fare delle stime realistiche su questo principale fattore, ancora meglio se coadiuvati in queste operazioni da un software dedicato (come l’italiano Cashflow) per ridurre al minimo i margini di errore.
Ma sono anche altri i parametri da considerare, come ad esempio i debiti contratti o le spese da sostenere. Tutto ciò deve essere preso in considerazione e va sviluppato attraverso un business plan. Per avere delle stime realistiche sulla crescita dell’impresa o sul suo declino è importante mantenere sempre aggiornati tutti i dati riguardo i flussi in entrata e in uscita, almeno con regolarità mensile.
Tutte queste misure servono per realizzare una valutazione economica realistica dell’impresa, favorendo un successivo supporto da parte del comune e degli enti statali.